Dunque il metodo sarebbe guardare per aria, vedere uno stormo di piccioni, e dirsi “ah, oggi sarà una magnifica giornata: devo ricordarmi di cambiare casa e mandare affanculo le proposte di pace, così sarò felice”.
Dovrebbe funzionare anche con i fondi del the, o con le viscere dei buoi, o con gli ossicini lanciati per terra.
Verrebbe il sospetto che non sono i piccioni, o il numero di petali della margherita, o gli schemi astrologici, ad acquisire significato nella nostra vita, ma è un pensiero che si concretizza prendendo questi oggetti come spunti per la fantasia, no?
Fantasia che fa il grosso del lavoro: mescola le aspettative, le informazioni, anche apparentemente insignificanti, inconsce, sulla realtà, e le plasma, le rielabora in un modello che può definire, ma anche predire, se hai tanto culo, come andranno le cose.
Mettersi a fare giochetti così scemi con la propria vita è una coglionata bella e buona, come giocare ai tarocchi con una pistola puntata alla testa, come comporre la lista della spesa con una tavola ouija – eppure è un tipo di coraggio che rimette i tuoi pensieri in riga e li lega al tuo vissuto quotidiano.
Quello di cui ho bisogno adesso non sono gli stormi di piccioni, ma la fantasia di fare la stessa cosa che facevano gli aruspici e gli oracoli con quello che avevano sottomano: concentrarmi sulla mia vita al punto da non vedere niente altro.
Concentrarmi sulla mia vita al punto da vederla riflessa dappertutto.