Vedetta, perché Nosce Sauton ha vigilato e se ne è venuto fuori con una riflessione proprio bella: precisa e ben argomentata, che ha portato il tema che mi aveva appassionato nel post precedente a una conclusione più che soddisfacente per me.
Nell’ordine: schiva il rischio del solipsismo su un argomento tanto ‘sottile’, riflette sulla difficoltà di essere consapevoli dei propri limiti, afferma la necessità delle illusioni per vivere, ma insiste sul fatto che la vera onestà con se stessi consiste nell’accettare queste illusioni e riconoscerle per quello che sono.
Non contento identifica dei segnali comportamentali molto precisi, che potrebbero essere la manifestazione di una onestà intellettuale che ci aggrada.
Ve la riporto, per chi l’avesse persa tra i commenti
CITAZIONE
Capire se una persona è onesta con se stessa…
Subito va messo in chiaro il punto che, se non isolato, rende l’intera discussione irrisolvibile: la visione solipsista della questione. Io stesso spesso soffro nel portare avanti un ragionamento perché pare che l’unica cosa che possiamo esperire propriamente sono le nostre stesse sensazioni, il resto si scioglie nel nostro pensiero e l’interiorità degli altri ci risulta inaccessibile.
Quindi facciamo finta o speriamo (dipende dai punti di vista) che esprimerci su qualcosa che ci è esteriore è lecito.
In secondo luogo, possiamo dire che conveniamo sul dire che l’onesta con se stessi è la capacità di rilevare e accettare le illusioni fino a dove le nostre capacità sensibili e sensoriali ci permettono.
Quindi, per poter dire che una persona è onesta con se stessa dobbiamo accertarci che questa persona non alimenti appositamente le illusioni e provi con “tutte” le proprie forza a scavare nella profondità del gioco interiore.
Anche qui il concetto di “mettercela tutta” subisce l’attacco della domanda: “Come si fa a sapere che la persona si impegni fino in fondo?”… Ecco, la stessa questione della premessa, di per se non lo possiamo sapere e non possiamo averne la certezza, presupponiamo che la buona fede ci sia e passiamo ad osservare se ci siano delle azioni che assomiglino a uno sforzo vero e proprio.
Infatti qui arriviamo ai criteri con cui giudico l’onesta.
Per poter rilevare e accettare delle illusioni dell’esistenza bisogna saper: osservare, dubitare, sia pensare in maniera logica, sia dare libertà al sentire in maniera irrazionale, in fine saper accettare di aver sbagliato.
Alcune di queste capacità possono essere osservate.
Così, intuisco che una persona è sincera con se stessa se:
– non sbandiera delle “verità assolute”
– utilizza spesso “forse” (non in maniera insicura, bensì scettica)
– mette in dubbio le sue stesse dichiarazioni
– mostra aspetti diametralmente opposti della questione che espone e cerca una verità complessa
– sa ridere di se stessa
– non nasconde i propri diffetti
– utilizza pochi sofismi e professa la semplicità di espressione
FINE CITAZIONE (dal commento di Nosce Sauton)