La speculazione è come una droga, e ci casco ogni volta.
Ad esempio ultimamente sono molto affascinato da una concezione ‘mercantile’ della identità personale, per cui in ogni interazione si “posiziona” la propria identità come fosse un prodotto, in relazione alle identità degli altri con cui entriamo in contatto, e con cui contrattiamo per stabilire i termini della relazione e il valore reciproco.
Il timido chiarirà subito di non aspirare a nessun esercizio di potere nella relazione, il bullo invece chiarirà di valere di più, e quindi di meritare il comando.
Due personalità remissive faranno a gara nel rimettere le responsabilità l’una all’altra – facendo se necessario a gara a chi vale di meno.
Nel caso ci fossero due o più galli nel pollaio il conflitto sarebbe l’unica possibilità, perché la collaborazione non può essere imposta a chi sta già contestando l’autorità reciproca, e il primo dei due che avanzasse una proposta collaborativa dovrebbe farlo da una posizione supplice, e quindi cederebbe implicitamente la leadership.
I termini di questa teoria sono cinici, per gusto personale, ma ammorbidendoli si raggiunge semplicemente la consapevolezza che viviamo immersi in un ambiente di comunicazione relazionale efficace e funzionale, e questa teoria è applicabile praticamente a qualsiasi interazione, incluso il discorso amoroso, in cui ‘vince’ chi riesce a far percepire il proprio ‘valore’ come superiore a quello della controparte, e quindi di essere più appetibile sentimentalmente.
Più ci penso, poi, più mi accorgo che le mie mele non cadono mai lontane dall’albero della pragmatica della comunicazione.
A mia parziale discolpa per questa elucubrazione bisogna anche aggiungere che nel weekend ho avuto possibilità di raccontare e creare storie e personaggi con un bel racconto orale, che mi ha dato una valvola di sfogo alla fantasia, quindi per oggi ancora non sento il bisogno di raccontare storielle (e quindi elucubro)