Stagioni (e amici di merda)

Non so per voi, ma per me i piccoli schemi, quelli ripetuti giornalmente, sono quelli più facili da individuare.
I più difficili sono quelli di ampio respiro. Il ripetersi dei miei umori all’interno dell’anno solare. Le ripetizioni all’interno della macro economia. Il kali yuga induista.
Finalmente mi sono accorto di un sistema che si è ripetuto probabilmente per anni, e che, a giudicare da come sono statico in questo periodo, potrà continuare a ripetersi per altri anni a venire.

Iniziamo con l’inverno. La stagione della morte e del non-essere, cosi’ e’ piu’ facile.
D’inverno semplicemente vado in letargo, quindi e’ come se non esistessi e non avessi vita sociale.

Passiamo alla primavera.
Le giornate si allungano, i fiori sbocciano, gli uccellini ricominciano a cantare – e io mi risveglio dal letargo, alzo la testa e mi scopro solo e desideroso di contatti sociali.
Riprendo timidamente a frequentare gli amici di vecchia data, quelli che conosco bene (è il caso di questa stagione), ma forse a causa del mancato esercizio invernale, siamo tutti più ruvidi.
Beh, no, io sono uno zuccherino, molto cortese e disponibile – forse anche perchè sono io quello che non ha visto anima viva in tre o quattro mesi e si è un po’ annoiato.
Invece i miei vecchi amici, chi più chi meno si rivelano delle orribili delusioni. Maleducati, stronzi, arroganti. Mi trattano a pesci in faccia implicitamente, o più semplicemente stronzeggiano, mettendomi nella condizione di fare due cose.
La prima e’ domandarmi da quanto tempo frequento merda e la considero un amico.
La seconda e’ muovere il culo per riaffinare le mie capacita’ sociali e magari trovare nuovi amici, amici che non galleggino nelle acque dei propri sciaquoni.

Questo ci porta all’estate.
Ho avuto tre mesi di delusioni e scarpate sui denti da parte delle persone che stimavo per rifarmi una scorza, potare e ri-coltivare. D’ estate sono come un pesce nel suo elemento: la vita sociale va a gonfie vele, non ho paura di abbandonare il vecchio e affrontare il nuovo. Ne traggo mille soddisfazioni e poche delusioni.

L’autunno potrebbe essere la stagione dell’hybris: ho avuto quello che volevo dalle persone, dagli amici e piu’ in generale dalla mia vita sociale. E’ ora di tagliare. Via quindi tutto quello che non e’ indispensabile, le amicizie marginali, chi mi richiede tempo e attenzione.
Contemporaneamente e’ anche la stagione di preparazione all’inverno: ho bisogno di prepararmi a sopravvivere da solo per tre mesi, con la sola scorta dell’autostima che sono riuscito a racimolare durante il resto dell’anno.
E poi e’ di nuovo inverno.

Bisogna aver conosciuto dei momenti migliori, per sapere cosa si perde ogni volta, ma frequentare teste di cazzo e’ davvero qualcosa di cui posso fare a meno.

Taglio

(scritto inizialmente nell’Aprile del 2015, e poi rimasto tra le bozze a raccogliere polvere)

La spiaggia e la vita (bozza dal 2016)

3 giorni di estate, solo 3, per prepararmi a 20 anni di inverno.
Dicono che non duri mai meno di 20 anni, ma è possibile (probabile) che ne duri anche molti di più.
Game of Thrones, a me, mi fa una pippa.

Così mi sono ritrovato inquieto e stravaccato su una seggiola da spiaggia, sotto un ombrellone incerto, ad annoiarmi per tutte le mie noie passate, e certo a fare scorta per il futuro.

Tutto attorno il vociare degli stranieri e meno stranieri spiaggiati in varie sfumature di abbronzante. Sabbia finissima, nuvolette sfilacciate in cielo, belle ragazze svestite, ammiccanti e/o pudiche (a scelta e a seconda dei punti di vista).

Finché non ho trovato una delle mie solite metafore dentro cui rifugiarmi.

Ho capito che la spiaggia e la vita sono la stessa cosa.

Poesia (Gente di Notte, Denise Levertov)

Visto che mi è tornata in mente leggendo questo bellissimo post di 30giorninprova, mi piace rilanciare un’altra delle poesie che, mandate a memoria nel periodo fertile dell’adolescenza (insieme a tante altre di un libriccino bignamino sulle Beat Generation), hanno plasmato la mia visione del mondo.
Incredibile come certe sensibilità si richiamino a distanza di anni e di continenti.
E comunque la Beat Generation è ben altro rispetto alle tirate di Kerouac.
Eccone la prova di Denise Levertov:


Gente di notte
(da uno spunto di Rilke)

Una notte fendente tra te e te
e te        e te        e te
e me        : ci allontana a spinte, un uomo si fa avanti sgomitando
nella folla. Noi non
ci cercheremo, nemmeno
vagheremo, ciascuno per sé, senza guardare
nella lenta folla. Tra i numeri di contorno
sotto le insegna dei cinema,
quadri di un milione di luci,
giganti che si muovono e si muovono ancora,
ancora, su una nube acre di odori,
patate fritte, noci arrostite.

 O salire in un appartamento, il tuo
o il tuo, e ritrovarci

 qualcuno seduto al buio:
chi è veramente? Perciò accendi la
luce per vedere: il nome lo conosci, ma
chi è?
Ma non vedrai.

La luce fluorescente tremola cupa, una
pausa. Ma tu comandi. Afferra
ogni viso, e per i capelli
lo tiene sollevato per te, maschera dopo maschera.
Tu        e tu        e tu        e io        ripeto
gesti che spingono al fare se il discorso
ha fallito                   e parlo
e parlo, ridendo, dicendo
“io”, e “io”,
volendo dire “Chiunque”.
Nessuno.

Denise Levertov

La mia vita è in privato, dovrò conviverci

Sveglia alle 2:07
Sveglia alle 4:22
Sveglia alle 5:31
Sveglia alle 6:18
Sveglia alle 6:55
Sveglia alle 7:30 mi alzo.
Barcollo in cucina, ingollo una colazione. Intera, compresa la tazza del the.
Barcollo in bagno. Mi lavo.
Mi vesto, più o meno (abbinamenti di colori ultravioletti, camice spiegazzate).
Vado al lavoro.
Nel tragitto penso a storie, menate, seghe mentali.
(lungo intermezzo lavorativo, un po’ noioso, un po’ sfiancante, a tratti stressante o emozionante, con delle alzate di qualità strepitose, ma sempre troppo rare).
Torno a casa, baci abbracci.
Bollette, spesa, organizzazione, decisioni, caldaia & idraulico, dubbi, ansie & speranze, linguacce, sogghigni & risate, girandole varie. Scazzi.
Doccia.
Cena.
Cazzeggio.
Vado a letto. Penso a storie, menate, seghe mentali. Dormo. Ma più piccolo, tipo carattere 4, sottovoce.

Ripetere.

Mi chiedo se ho ancora qualcosa da dire. Vorrei scrivere di più, come sempre, ma ho sempre gente in giro per casa, schiamazzi, incombenze, e io ho bisogno di silenzio e concentrazione e noia per bullizzare con profitto e gioia la tastiera del PC, e cavarne qualcosa.
E invece niente.

La vostra vita invece com’è?