La luce sbagliata

in pausa pranzo esco e vado in un buffet sushiwok. il posto è dignitoso, i camerieri cinesi ancora non si sono accorti di non essere in una catena di montaggio, o forse sono solo più consapevoli dei clienti, ma nel complesso il posto è dignitoso.

i sushi sul kaiten mi paiono orribili. schegge di verdure e campioni di tessuto di pesce in meloni di riso: mi rifarò con il buffet cinese.

il mio problema è la gente. tutti mi paiono bruttissimi, non solo esteticamente. bruttissime persone proprio, volgari, distorte, spente, abbrutite.

persino i bambini e i giovani, che di solito incarnano tutta la speranza e quanto di buono ci può essere nel mondo, qui sono sgradevoli, goffi, sformati.

li giudicherei, ma se questo è quello che vedo negli altri, io non posso essere meglio. penso però che da giovane io non avevo ancora lo sguardo offuscato da questa noia e questa compassione. giudicavo tutto, elevavo quello che andava bene e disprezzavo quello che lo meritava.

avevo una luce negli occhi con cui mettevo a fuoco il mondo, ma forse oggi è la luce che filtra da fuori, che è la luce sbagliata.

Una grossa storia è uno Storione

Nel caso non si fosse notato posto molto poco, perchè, ovviamente, succedono molte simpatiche cose nella mia vita reale (non che ve ne debba fregare qualcosa).

Di quello di cui posso parlare però è che scrivo in un blog di cinema che si intitolo lo Storione, perché ci piacciono le grandi Storie.

Questo è il link all’ultimo articolo sull’ultimo filmaccio che sono andato a vedere, ma ci sono molti altri articoli, scritti da gente a cui io (IO, che mi ritengo comunque uno spettatore più che competente), devo rispetto.

Non ci credete? Leggete un po’ qui…

capitan AMERICA: Civil War

Uscire in una giornata di sole

Sono uscito di casa per fare un giro e bighellonare insieme ai miei pensieri. Quando sono quasi sulla soglia di casa un vicino particolarmente scontroso mi viene incontro e mi saluta con un cenno – e non posso evitarlo.

Lui mi ritiene un coglione, e io non ho nessuna ragione per stimarlo.
Non ci rivolgiamo la parola da anni, con reciproca soddisfazione, quindi mi domando cosa gli sia venuto in mente per cambiare idea proprio adesso.

“Sentimi un po’ qua, mi servono cento euro” mi dice, “quindi adesso mi dai cento euro e torniamo amici. Dai, dammi ‘sti cento euro” e accenna un sorrisetto.

Ma io non ho nessun debito con lui.