Della scoperta delle emozioni

Alla fin fine il senso di ogni emozione si riduce a una constatazione molto banale: mi piace, oppure, non mi piace.

Quando non puoi cambiare la situazione in cui ti trovi (coinquilini di merda, appartamenti orribili, situazioni sgradevoli, una canzone fastidiosa al concerto all’aperto, mentre piove, dopo aver aspettato per tre ore, sotto la pioggia, in mezzo alla calca), la soluzione più banale a questi inconvenienti è quella di staccare la spina alla propria sensibilità.
‘Mascherare’ lo stimolo, così l’ha chiamato un mio amico (faceva riferimento a quegli stimoli ripetuti fino a diventare sfondo. Il cervello, per non uscire dalle orecchie, li occulta. In questo modo puoi abitare in una casa vicina alla ferrovia e, dopo soli pochi anni, smetterai di sentire il treno – avrai ‘mascherato’ lo stimolo).

Ieri sera, al concerto dei Massive Attack, dopo tre ore di attesa in mezzo alla calca, sotto la pioggia, durante una versione particolarmente acida di una canzone, sparata a volumi bulgari, mentre gli schermi proiettavano idee di merda con trucchetti registici degni dei peggiori lavaggi del cervello, ho avuto la poderosa intuizione che quella situazione mi facesse davvero cagare.
No, non avrei lanciato granate sul palco, ma solo perchè non ho le granate, e poi non sono il tipo di persona che quando gli sparano su un piede pensa subito alla vendetta. Mi piace accasciarmi a terra e urlare. Ci tengo a dare feedback chiari.

Comunque, accasciarmi a terra e urlare non mi avrebbe aiutato, e quindi ho dovuto fronteggiare la banalità che conoscevo fin dall’inizio di questo post – e magari anche da prima: quella canzone non mi piaceva.
La verità non mi rende libero.